Ciao Luzzu!
Il sole, caldo, potente, gettato sul mio viso. Il sole che si tuffa nell’acqua del porticciolo, infrangendosi nei mille colori dei luzzu come tagliato dalle loro prue, e riflettendosi nei loro sguardi ora tristi, ora gioiosi, ora sospettosi.
Il sole di Marsaxlokk.
Mi guardo intorno come a voler inghiottire tutto nelle mie pupille, e mi avvicino allo specchio d’acqua, fermandomi davanti a un minuscolo guscio di noce dagli occhi vispi e luminosi.
“Ciao, luzzu!” gli sussurro, incurante degli sguardi straniti che gli altri turisti mi dirigono. Sicuramente pensano che io sia pazza, a parlare con una barca. Ma non sanno.
Tu, luzzu, lo sai, e lo sanno quei tuoi occhi che mi guardano con espressione indulgente. Sai che sono venuta qui per ritrovare me stessa, sai che adesso non potrei trovarmi da nessun’altra parte. Quando la tua vita, dopo anni e anni di presunta stabilità, si sgretola come i colori degli scafi immersi nell’acqua salata, puoi andare solo dove sei certa di ritrovare il tuo cuore. E il mio cuore è qui, insieme a te e ai tuoi fratelli dai mille sguardi.
Ti sento che mi segui con gli occhi, mentre mi allontano respirando il sole e la salsedine, camminando sul bordo dell’acqua. Sul lato opposto c’è un piccolo molo. Mi volto, abbracciando con gli occhi tutto il porticciolo.
Respiro.
Restare qui, ora. Cancellare quel volo di rientro. Ora.
Non posso, lo so. Sospiro. Ho solo il tempo per una ftira e un kinnie, prima di tornare in hotel. Me li godrò con calma, seduta a un tavolo davanti alla baia.
Da una bancarella, un ombrellino bianco, ricamato con le croci di Malta, mi chiama.
Il mio desiderio di sempre.
“Cosa te ne fai?” avrebbe chiesto lui.
Niente.
O tutto.
“Grazzi ħafna”, sorrido, mentre la signora me lo porge.
Non lo aprirò.
Non piove, e dal sole non voglio proteggermi.